Il mare è padre di miti e leggende, custode di tesori, dispensatore di cibo, grande cimitero di uomini e navi, tramite tra culture differenti, ricco e generoso magazzino della nostra storia.
L’archeologia subacquea è archeologia vera e propria, con la sola differenza che, operando in ambiente liquido, incontra molte difficoltà nell’applicare tecniche di scavo, indagini preliminari, recupero, conservazione, e documentazione grafica e fotografica. L’esigenza di estendere il campo di indagine al mondo subacqueo è presente già nella cultura erudita e antiquaria dei secoli XV e XVI.
I relitti in particolare, forniscono informazioni fondamentali sulla storia economica di antiche civiltà, sui loro percorsi, la gestione di scambi, di guerre, di arte e cultura. Tutto sommerso in quello che è stato il loro “ultimo viaggio”.
Mario Russo, fotografo subacqueo esperto nel ritrovamento di reperti archeologici, ha dedicato la sua vita all’esplorazione degli abissi, soprattutto nel territorio di Camarina, in provincia di Ragusa, luogo in cui risiede tanto della nostra più antica cultura. Nelle profondità del mare, egli ha potuto rivivere i tragitti, le lotte, gli affondamenti che hanno portato pezzi di storia verso il loro ultimo istante, fino a depositarsi lì dove sarebbero rimasti per secoli.
Intervistarlo è stato doveroso, oltre che un onore, poichè si può comprendere grazie a Lui quanto la nostra Terra sia ancora ricca di reperti archeologici da portare alla luce e con essi quindi il nostro passato, la nostra storia, da scoprire non solo sui libri, ma da poter vedere con i nostri occhi.
” Ho sempre amato il mare”, così comincia Mario, accendendo una sigaretta. Nei suoi occhi l’espressione di chi ha vissuto grandi avventure, una vita intensa e nel raccontare ne rivive i fotogrammi. ” Prima pescavo semplicemente del pesce, era la mia passione, mi divertiva. Poi un giorno, era il 1980, tutto è cambiato e da quel giorno di pesce non ne ho visto più. Era una giornata piovosa, con un mio amico ci siamo immersi nel mare di Kamarina e abbiamo notato dei blocchi. Si capiva benissimo che erano stati costruiti dall’uomo, sembrava un’antimuraglia che delimitava il fiume Ippari. Ho avuto la fortuna di avere con me la macchina fotografica; mentre documentavo ho notato anche dei pezzi di anfore e ho fotografato tutto. Il giorno dopo sono andato al museo di Ragusa e ho fatto vedere tutto al dott. Di Stefano che capì che si trattava dell’antico porto di Kamarina, mai documentato da nessuno. Da quel giorno ho lavorato per 23 anni nel mondo dell’archeologia”.
Quali grandi avventure hai vissuto in quegli anni?
Dopo aver documentato tanti relitti, abbiamo fatto una mostra all’ Ouvre, in Francia, una mostra in America, con il comune di Ragusa, una in Venezuela, a Caracas, ad Amian. Effettuavo documentari anche alle Isole Eolie. Con Licia Colò ho realizzato un documentario sulla barriera corallina, per questo andai in Australia.
Era il 2000, vedere e vivere l’Australia è stata una delle esperienze più belle e uniche della mia vita. La natura incontaminata, animali meravigliosi, lo stare con gli Aborigeni…un’esperienza incredibile che porterò sempre nel cuore.
Cosa si prova nel momento del ritrovamento?
E’ un’emozione incredibile! Non è facile trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Il mare deve essere nelle adeguate condizioni, bisogna capire dove i relitti hanno affrontato i loro ultimi istanti e perchè. Poi, quando spunta dalla sabbia qualcosa, una statuetta, anfore, monete, quello che si prova quasi non riesco a descriverlo. Sono istanti in cui ti rendi conto che secoli fa la loro storia finì proprio nell’attimo in cui si è posato lì e io ero il primo a rivederli, a scoprirli. Ogni ritrovamento è stato una grande emozione.
Dove possiamo vedere i tesori che hai ritrovato?
Nel Museo Archeologico Regionale di Camarina.
La prima sala subito dopo l’ingresso è dedicata all’archeologia subacquea. Dal relitto dell’Elmo corinzio, di età arcaica (VI secolo a.C.), alcuni resti di grandi anfore da trasporto, piccole kylikès ioniche, un raro elmo corinzio con calotta emisferica e paragnatidi incluse. Ancora un elmo attico-etrusco in bronzo, con umbone a pigna e alcune anfore di tipo greco-italiche. Sono esposti pure una statuetta in bronzo del dio Arpocrate dal relitto mamertino, monete, pesi, un gruppo di lucerne, uno scalpellino, uno stilo ecc. Dal relitto delle colonne III secolo d.C. provengono invece molti oggetti di pregevole fattura in bronzo: un vaso porta profumi, un thermos, una bottiglia in vetro con cestino in fibre vegetali, tre strigili e varie monete.
Segue l’esposizione di oggetti provenienti dal relitto di Afrodite (III secolo d.C.) con una bellissima statuetta in bronzo di Afrodite, vasi da portata, e alcuni sostegni di un triclinio. Dal relitto dei Sei Imperatori sono esposte ben 5.000 monete in bronzo (antoniniani), una stadera, pesi, scandagli e vari oggetti ornamentali. Infine dal relitto medioevale sono stati esposti alcuni attrezzi da maniscalco.
Circa 7000 reperti arricchiscono questa “casa dei ricordi” che è il museo archeologico.
Essi ci raccontano di Camarina, colonia della potente Siracusa, fondata secondo Tucidide nel 598 a.C.
C’è ancora da esplorare e portare alla luce dai nostri fondali?
Certamente, ciò che ho ritrovato negli anni è solo un granello di sabbia. Mi rammarica molto sapere che così tanti reperti sono incustoditi nei fondali alla mercè di turisti, approfittatori, incoscienti che potrebbero portare via tranquillamente pezzi di storia così importarti per il nostro patrimonio culturale.
Quali sono i suoi progetti in merito e le sue speranze?
Ciò che mi preme è trasmettere ai giovani l’importanza per la nostra storia. Per questo motivo stiamo realizzando una mostra dove i visitatori potranno rivivere il momento del ritrovamento dei reperti nei fondali marini; sarà fedelmente creata l’atmosfera, dai suoni alle luci. Riproduzioni identiche alle originali saranno posizionate esattamente come nel momento della scoperta. Così ci si potrà immedesimare, emozionarsi, capire come e quando quei pezzi di storia hanno affrontato il loro “Ultimo Viaggio”.
La mia speranza è che, prima o poi ci si renda conto dell’importanza fondamentale di portare al sicuro tutto ciò che è ancora sommerso. Negli anni la burocrazia è stata avversa per tempistiche e organizzazione. Non è stato facile e ho sempre lottato per questo!
Con questa speranza io porterò sempre con me il ricordo vivido di tutto i luoghi, tutti i ritrovamenti, tutte le emozioni che ogni singolo reperto mi ha regalato!
Rosa Maria Avveduto